Trattiamo la velocità in declinazioni che si spingono oltre ai confini dei circuiti e dei cavalli vapore.
Andrea Gilardi, classe 1969, fu il primo pilota al mondo a vincere due titoli mondiali Kart Juniores consecutivi, nel 1984 e 1985. Chi si mise dietro? M. Schumacher, Y. Muller, A. Mc Nish, Mika Hakkinen… e molti altri.
La nostra intervista è iniziata in un ambiente molto più famigliare a lui che a me… infatti eravamo trainati da 450 CV, su quel meraviglioso ed ipertecnologico salotto da corsa che è la RS4 my 2020 (qui la mia prova https://www.sfidadabar.it/post/un-centauro-da-1800-zampe). Ovviamente il tempo che avevamo a disposizione era poco, ed io comunque ero troppo inebriato da quelle emozioni per restare lucido al 100%, ma mai e poi mai mi sarei potuto far scappare l’occasione di chiacchierare con un personaggio di questo spessore, e così siamo riusciti ad organizzare una intervista telefonica nella quale ho appreso cose che non si possono leggere nei libri di storia dell’automobilismo… Ma con Andrea, con cui da subito si è creata l’intesa tipica di chi ha vissuto anni in campo gara, i racconti si sono coloriti di aneddoti che da soli varrebbero la stesura di un libro (non è detto un domani non ci prenderemo il tempo di scrivere insieme).
La dura legge del paddock
Quando si è giovani, si sa, spesso ci si ritrova a fare delle scelte molto più che azzardate, dettate dalla foga, dall’incoscienza, e anche dall’ignoranza dovuta proprio all’inesperienza di vita. A questo proposito ognuno di noi ha la sua storia: questa è quella di Andrea. “Sai, arrogantemente pensavo di poter vivere una vita al massimo livello del motorsport, dopo aver vinto i due titoli consecutivi ’84 e ’85. Nessuno mai vi era riuscito prima, e avevo destato l’interesse di tutto il settore. Tutti sanno che dai kart arrivano la maggior parte dei grandi nomi dell’automobilismo sportivo, e ne sono dimostrazione anche quelli che io ho messo dietro. Anni fa un giornalista inglese mi chiese un’intervista dopo aver incontrato Alan Mc Nish perché alla domanda “Cosa si rimprovera nella sua carriera agonistica”, Mc Nish rispose “Di non aver vinto il mondiale Kart Juniores 85, pur essendo partito in prima fila nella finale...”, ovvero quando vinsi io".
Bene ma allora a questo vi starete chiedendo: "come mai un talento del genere non è diventato uno dei nomi della Formula 1 moderna?". Andrea risponde prontamente: Allora come oggi… se non hai la valigia, è ben dura”. Nel dizionario da paddock, significa che se non hai i soldi, difficilmente correrai. La storia, purtroppo, è ricca di esempi analoghi al suo. Io stesso ho conosciuto, un imprenditore che da giovane nelle prove italiane del mondiale Kart Juniores mise dietro quello che a mio avviso è il pilota di auto contemporaneo più completo di sempre, Fernando Alonso. Tuttavia la mancanza di fondi non gli permise una carriera da pilota professionista.
“Il mio più grande limite, riprende Andrea, è che non sono stato un buon PR di me stesso. Purtroppo anche situazioni circostanziali non hanno aiutato… nel ’92 persi mio padre, e questo cambiò la mia vita sotto tutti i punti di vista. Dovetti iniziare ad occuparmi della mia famiglia, e non avendo chissà quali ricchezze a disposizione, ho dovuto rivedere gli ordini di priorità della mia vita. Fu il mio ultimo anno in italiano F3, campionato che iniziai a correre nel 1989. Pensa: proprio nel ’92 ottenni un secondo posto a Montecarlo, migliore Italiano a livello internazionale. E poco tempo dopo dovetti abbandonare.”
Non riesco davvero ad immaginare cosa significhi arrivare lì, e dover dire basta. Straziante. E pensare che nel 1993 Andrea avrebbe dovuto correre in Formula 3000. A questo pro feca anche un testa a Monza: "Il test avvenne, ancora nel 1992, con il team Crypton, (di proprietà di quello stesso Patrizio Cantù che fu uno degli artefici del debutto su Honda 500 GP di Valentino Rossi) che in quello stesso anno vinse con Luca Badoer il titolo in Formula 3000. Eravamo io, Bettini e Pedro Lani, un pilota portoghese supportato direttamente dal suo Paese, già titolare di un sedile per la stagione ’93, visto che la sua valigia era bella gonfia. Comunque, senza andare nel dettaglio, ti dico solo che piantai un bel mezzo secondo al pilota ufficiale con la SUA auto, regolata per lui al 100%. Inutile dirti quanto fossi carico ed entusiasta… Già mi vedevo al volante della migliore Formula 3000 in circolazione, quando pensai. Basta che ora, in Formula 3, io risesca a vincere il challenge Alfa-Marlboro interno al campionato. In quel caso avrei dovuto infatti ricevere, da impegni dichiarati su giornali e riviste a livello nazionale ed oltre, la possibilità di correre l'intera stagione in un top team, nel 1993, per un valore complessivo tra gli 800 milioni ed il miliardo di lire”.
Sogni e Realtà
“Chiaramente non andò così, purtroppo, chiosa Andrea. Benché ci fossero tutti i presupposti, allora ero giovane e sciocco, e non feci ciò che andava fatto: andare in uno studio legale competente in materia, e farmi dare il dovuto. Certo, in realtà ci pensai, qualche tempo dopo, ma vivevo ancora nel sogno, e sapevo che un gesto di quella portata mi avrebbe sì dato il mio maltolto, ma mi avrebbe per sempre chiuso ogni possibile spiraglio verso il mondo delle corse, ed allora non ero pronto a questa possibilità. Orfano della mia valigia, faticosamente conquistata, dovetti quindi ripiegare su una soluzione alternativa ad altissimo rischio. Grazie al supporto di mia madre, che fece una fideiussione mettendo a garanzia la casa (BRIVIDI!!), pagai metà stagione anticipatamente nell'attesa che gli sponsor pagassero le scadenze concordate, ad un team inglese che mi fece correre con il materiale dell’anno precedente… Ma non eramo competitivi, era già oro quando riuscivo a finire le gare senza che si rompesse nulla, in quanto era la mia unica speranza di risultato!"
Ecco… qui anche io potrei aprire letteralmente il vaso di Pandora, per quante ne ho viste negli anni in tutti i paddock dei campionati di moto nei quali ho lavorato come capotecnico… Ma non è questo il luogo, né tantomeno il tempo.
“Arrivò la metà degli anni ’90, ed in quell’epoca l’Eldorado del Motorsport era nelle ruote coperte, soprattutto nel DTM e nel SuperTurismo. Alla fine del ’94 il team ufficiale Alfa Romeo fece una prova con i più promettenti piloti provenienti dalle monoposto, e mi ritrovai fianco a fianco con Jörge Müller, Roberto Colciago, Andrea Boldrini, Alessandro Manetti, Tony Kanaan, Salvatore Pirro e Franz Tschage. Avevamo a disposizione le due auto ufficiali che avevano scaricato dai camion provenienti dalla precedente prova di Campionato del Mondo in Inghilterra. Si faceva sul serio. Gomme nuove per tutti, 5 giri alla mattina, 5 giri al pomeriggio. Gli ingegneri di macchina ci spiegarono come usare quelle bombe su ruote, e ci suggerirono marce e traiettorie. Alla mattina non fui velocissimo, ma nel pomeriggio mi convinsi che una curva potesse essere affrontata nella marcia superiore, lasciando scorrere la macchina di più. Anche in quella occasione risultai il più veloce, facendo il vuoto dietro di me, e ricevendo i complimenti di tutta la squadra ufficiale, con la considerazione che con quel tempo sarei partito dalla prima fila nel campionato nazionale di quello stesso anno.” Considerazione mia: sapendo che al Mugello il tempo lo fai alla mattina, quando l’asfalto è meno caldo, è straordinario pensare a quello che Andrea ha fatto. Se a ciò si aggiunge il fatto che non era la “sua” auto, era il suo primo approccio con quella categoria di mezzi, e si considera l’evidente ansia da prestazione. Se qualcosa fosse andato storto, avrebbe dovuto spiegare perché avesse scelto di fare quella curva con una marcia differenze da quella suggerita. Beh… direi che ci vuole pelo!
Tempus magister est
"Anche questa volta mi sentivo pronto a vestirmi dei colori di quel team, invece… Arrivò un giorno un fax che riportava più o meno a causa di tagli previsti al programma D2 (SuperTurismo) in favore del programma DTM, non si prospettano le opportunità di nuove collaborazioni, specialmente in virtù dei contratti in essere con gli attuali piloti che dovranno necessariamente essere ritrattati… Da quel momento, probabilmente facendo il più grosso errore della mia vita, mollai. Mi sentivo veramente trattato come uno straccio, demotivato, scarico, e smisi di inseguire il mio sogno.
Sono certo di aver fatto una sciocchezza perché se ad esempio guardiamo alla storia di Dindo Capello, possiamo imparare che, anche se sei un grandissimo pilota, riconosciuto e riconoscibile dai tuoi risultati come tale, a volte devi passare un periodo di “purgatorio” in categorie minori per poi poterti rigiocare in ambienti in cui potrai legare il tuo nome alla leggenda.
Il mio più grande rimpianto, sportivamente parlando, fu un errore di valutazione fatto nel ’91. Ricevetti una proposta dal team ufficiale Toyota Tom’s per correre con loro nel ’92 dopo una gara corsa proprio in Giappone. Chiesero a me, Tom Christensen e Jaques Villeneuve. Ricordo che in aereo, nel viaggio di ritorno, io e Jaques eravamo seduti vicino, e parlandone mi disse che al 99% avrebbe corso con loro, perché in Italia riteneva di aver finito le cartucce. Mi disse: "Lì ci offrono abitazione, soldi, auto giusta, supporto ufficiale di una casa…” Io invece ragionai con la mentalità viziata tipica del pilota Italiano, e rifiutai, preferendo stare a casa, in un ambiente che ritenevo a me più affine. Jaques e Tom ci andarono. Credo di non dover aggiungere altro…”
Ovviamente a questo punto la mia domanda è tanto spontanea quanto provocatoria: “Andrea: considerando la tua esperienza di oggi, da ex pilota, da uomo adulto, con il passato che hai avuto ed il presente che hai (Andrea è ora un istruttore che collabora con alcuni dei più importati marchi del settore automotive, nonché di scuole di guida e pilotaggio, e talvolta si concede ancora qualche comparsata in campionati legati alle sue attività di istruttore-n.d.r.) non credi potresti metterti a disposizione di qualche giovane per aiutarlo ad iniziare?”
“L’idea è piacevole... stuzzicante, direi. Tuttavia i problemi economici, la famosa valigia, oggi è più pesante che mai. Servono aiuti VERAMENTE importanti da parte delle famiglie, ed il Motorsport sta diventando sempre più un ambiente chiuso per ricchissimi.”
La conseguenza è che ormai il talento che possiamo vedere nelle competizioni non è più il migliore che si possa immaginare, ma il migliore che sia disponibile tra tutti quelli che hanno o che hanno avuto il sostegno economico necessario per arrivare fino a lì.
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